AdlerTS ha scritto:Sto leggendo invece la bella biografia dell'Imperatrice Zita di Tamara Griesser-Pečar. Vi racconterò.
Vi racconto qualcosa del bel libro della Griesser – Pečar. Scopro, per esempio, che per quanto molto spesso si senta ancora oggi sottolineare che a corte Zita venisse chiamata, anche con disprezzo, “l’italiana”, in realtà l’Imperatrice si considerasse “francese” per cultura e formazione. Generalmente in famiglia parlavano francese, per quanto alle volte il padre parlasse ai figli anche in italiano e la madre in tedesco. Non conoscevo molto i dettagli della sua giovinezza, e non ricordavo che dal primo matrimonio di suo padre fossero nati ben 6 figli handicappati mentali (a causa della consanguineità con la prima moglie). Pare che l’attenzione verso i fratelli più deboli abbia lasciato un’impronta decisiva nel carattere di Zita.
Tra le curiosità, mentre solitamente si dice anche che l’Imperatrice abbia portato con sé all’altro mondo il segreto di Mayerling, il testo ricorda che nella biografia dell’imperatore Carlo di Erich Feigl del 1984, l’autore riporta come Zita avesse raccontato di un complotto ai danni di Rodolfo del futuro capo del governo francese Clemenceau.
Tra l’altro, è riportato anche il caso di un incidente a Carlo d’Asburgo, qualche anno prima della guerra. Una notte, con l’auto finì contro un carro. Perse i sensi e si temevano lesioni interne. In realtà il tutto si risolse con qualche giorno di riposo.
Al momento di dover governare, pare che lo Stato non fosse pronto per una coppia imperiale dinamica ed innovativa, che desiderava introdurre diverse novità nel Paese. La Sovrana, per esempio, incontrò resistenze per la creazione del Ministero della Salute Pubblica: la burocrazia fece sì che passasse più di un anno prima che il disegno di legge superasse ogni ostacolo, per far sì che il Ministero fosse istituito appena il 1 giugno 1917.
A proposito della guerra, il libro riporta anche che a Trieste l’Imperatrice Zita trattò con molta asprezza l’asso dell’aviazione
Banfield perché, contro l’ordine imperiale, si era ripreso a bombardare le città; al che Banfield replicò con molta durezza facendo presenti le azioni degli italiani contro Pola e Trieste. L’Imperatrice desiderava essere informata personalmente di ogni attacco sull’Italia.
La parte più interessante del libro è comunque quella che si riferisce ai fatti avvenuti subito dopo la guerra: le pressioni per ottenere l’abdicazione, la paura di finire come lo Zar in Russia a causa delle “guardie rosse” che provocavano sommosse all’interno del paese, i dettagli dei tentativi di restaurazione in Ungheria, con a fianco la fedele divisione del colonnello Anton Lehar, fratello del
più celebre compositore . Interessante come il governo britannico avesse inviato l’ufficiale Edward Lisle Strutt a sorvegliare sull’incolumità della coppia imperiale durante la permanenza a Eckartsau, per una sorta di rimorso di coscienza inglese per non aver salvato i parenti dei casa Romanov.
Per concludere, mi fa sorridere un titolo, citato nel libro, dell’Arbeitzeitung del 24 novembre 1918 che scriveva che l’Austria era una “repubblica senza repubblicani”.
Mal no far, paura no gaver.